By Mara Pelermo
Dopo la premiere americana che ha avuto luogo a New York, Gomorra, sbarca ad Hollywood. Il film del regista Matteo Garrone è stato proiettato all’Egyptian Theater di Los Angeles, alla presenza dei membri dell’Academy.
Già vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, Gomorra è infatti il candidato italiano all’Oscar 2008 come miglior film straniero. La pellicola che racconta i giri di affari della camorra in Campania è l’adattamento cinematografico del libro-denuncia di Roberto Saviano. Il grande assente della serata è stato proprio Saviano che ha voluto comunque partecipare inviando un messaggio di ringraziamento: “Sono orgoglioso e commosso che Gomorra, e mi riferisco sia al film che al libro, stia raggiungendo un così vasto pubblico. Se tutto è noto, se i meccanismi criminali vengono allo scoperto allora io potrò rimanere nella mia terra, raccontarla e continuare a resistere”.
A Saviano e al suo libro, va il merito di aver focalizzato l’attenzione sulla camorra in Campania, dapprima ritenuta dall’opinione pubblica nazionale come “fatto locale” mentre si tratta di un’organizzazione criminale che ha ramificazioni in tutto il mondo. Il romanzo di esordio del ventinovenne Campano è da due anni in testa alle classifiche internazionali e ha venduto finora quasi due milioni di copie. Da quando è uscito il libro, nell’ottobre del 2006, lo scrittore vive però sotto scorta, per sfuggire alle minacce di ambienti della camorra napoletana. Una delle ultime ipotizza un attentato a Saviano da portare a termine prima di Natale. Per sfuggire alle minacce di morte del clan dei Casalesi, lo scrittore ha dovuto quindi sacrificare la propria libertà. Vive in un regime di tutela tra i più severi. Cinque carabinieri lo seguono ovunque e quando gli inquirenti registrano segnali di allarme, è costretto a dormire in caserma. E per partecipare a qualsiasi evento pubblico è costretto a preannunciare i propri spostamenti con almeno un mese di anticipo.
Lo scrittore dice di voler lasciare l’Italia: “Se all’inizio pensai di potercela fare e avevo accettato che questo era il mio destino, adesso mi sta facendo impazzire. Vivere come un animale trasforma le persone in animali, si diventa diffidenti e si pensa che le persone vogliono ingannarti, ti trasformi in un invidioso della libertà altrui, di tutti coloro che sono stati zitti mentre tu hai avuto la forza o la stupidità di parlare”. Saviano racconta che si sente schiacciato “da un peso enorme, gigantesco che non posso sopportare facilmente -dice- e che mi sta distruggendo come scrittore”.
In ogni caso, continua, se dovesse abbandonare Napoli quello che non gli mancherà di certo è “la classe dirigente napoletana: troppo spesso mi hanno rimproverato di essere un clown, un traditore”. Saviano torna anche sulla scoperta di un piano per ucciderlo entro Natale. “Ciò non ha veramente cambiato la mia vita, in quanto mi trovo già da tempo in una situazione difficile. Sono rimasto deluso dal fatto che la notizia sia finita troppo velocemente sui media, il che è stato un problema per le indagini”, rivela. Per il suo esilio ci sono però difficoltà logistiche che lo scrittore spera di poter risolvere entro il nuovo anno. “Una volta all’estero, invece, dovrei essere al sicuro. Anche se quando la Camorra ti condanna a morte, la sentenza difficilmente può essere revocata, ma solo posticipata”.
Intanto le manifestazioni di solidarietà a Roberto Saviano si allargano a macchia d’olio. Diciassette Premi Nobel tra cui lo scrittore turco Orhan Pamuk, l’ex Presidente sovietico Mikhaïl Gorbatchev, il vescovo sudafricano Desmond Tutu, lo scrittore tedesco Günter Grass, il drammaturgo Dario Fo e la Senatrice e Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini hanno lanciato un appello già sottoscritto da centinaia di migliaia di persone in Italia ed all’estero affinché lo stato Italiano svolga il suo compito per proteggerlo e sconfiggere la camorra. Anche cento parlamentari svedesi hanno firmato l’appello della Cecilia Wikström, in cui si lamenta la mancanza di sicurezza e libertà nel nostro Paese.
Roberto Saviano è minacciato di morte dalla camorra, per aver denunciato le sue azioni criminali in un libro tradotto e letto in tutto il mondo. È minacciata la sua libertà, la sua autonomia di scrittore, la possibilità di avere una vita normale, di prendere parte alla vita pubblica, di muoversi nel suo Paese. Uno scrittore, colpevole di aver indagato il crimine organizzato svelando le sue tecniche e la sua struttura, è costretto a una vita clandestina, mentre i capi della camorra dal carcere continuano a inviare messaggi di morte, intimandogli di non scrivere e di tacere.
Lo Stato deve fare ogni sforzo per proteggerlo e per sconfiggere la camorra. Ma il caso Saviano non è soltanto un problema di polizia. E’ un problema di democrazia. La libertà nella sicurezza di Saviano riguarda noi tutti, come cittadini.
Gomorra fa riflettere ma non è sempre facile da capire. La reazione predominante per chi guarda il film è la sorpresa, non ci si aspetta di trovare in Italia, nel 2008, una realtà come quella. Purtroppo nell’Italia e nell’Europa del 2008 un’organizzazione di criminali può non solo lanciare una sorta di ‘fatwa’ e costringere un giovane scrittore ad una vita clandestina ma soprattutto può ancora tenere in pugno una parte del Paese.
La libertà e la sicurezza di Roberto Saviano sono la nostra libertà e sicurezza, riguardano tutti noi cittadini. Le mafie sono una cancrena che costringe al sottosviluppo, rapina risorse del territorio, tiene soggiogate le coscienze, impedisce alle migliori energie giovanili di esprimersi e produrre benessere. Le mafie danneggiano tutti i cittadini onesti, anche quelli che vivono all’estero. Tuttavia come diceva Giovanni Falcone, vittima illustre della Mafia, “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine».
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