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Tolleranza Zero

by Mara Palermo

Bronx Journal Staff Writer

Il tema della sicurezza, da sempre sostenuto dal centro destra, è diventato nelle ultime settimane il cavallo di battaglia di sindaci e giornali di sinistra. Le polemiche sono state innescate dall’ordinanza del Comune di Firenze contro i lavavetri, seguita dalle dichiarazioni del Sindaco di Bologna, Cofferati, anch’esso deciso ad intervenire su tale fenomeno considerato causa principale di degrado urbano. La discussione è presto degenerata quando si è parlato di dare più poteri ai sindaci, facendo paventare uno scenario da far west.

Quanto sia propagandistica questa battaglia lo dimostra il totale disinteresse di queste forze politiche verso i problemi di determinate zone urbane completamente abbandonate a se stesse. Si tratta soprattutto delle zone industriali delle maggiori città italiane dove gli imprenditori richiedono costantemente una maggiore presenza delle forze dell’ordine per fronteggiare situazioni di degrado ormai insostenibili.

La discussione riguardante il tema della legalità si è poi arricchita di un ulteriore motivo di scontro: il piano sulla sicurezza annunciato dal Ministro dell’Interno, Giuliano Amato basato sulla cosiddetta Tolleranza Zero. Come tutti sanno fu Rudolph W. Giuliani quale sindaco di New York City a parlare di Tolleranza Zero quando decise di applicare la teoria Fixing Broken Windows di James Q. Wilson e George L. Kelling per combattere il crimine nella Grande Mela. Secondo questa teoria non esiste necessariamente un collegamento tra la quantità reale del crimine e la percezione che i cittadini hanno di esso. La presenza della polizia non deve essere percepita come un’occupazione militare. Deve solo rassicurare. Il degrado non può che creare degrado. In pratica, se una casa ha una finestra rotta ben presto tutte le altre saranno rotte. Da questa considerazione deriva il nome della teoria stessa.

Quindi bisogna prima di tutto intervenire contro il degrado che è fortemente legato alla percezione che i cittadini hanno del crimine. Diminuendo il degrado la gente percepisce una diminuzione del crimine. Questo meccanismo viene anche facilitato da certa stampa e televisione che contribuisce a creare una costante sensazione di ansia sociale. Per cui anche chi non ha mai subito atti di violenza finisce col vivere in uno stato di totale insicurezza.

Considerando che in Italia il degrado è dilagante come si potrà intervenire per creare una generale situazione di sicurezza e legalità? Nel nostro caso basterà prendersela con gli ultimi, con gli emarginati ed i diseredati. Non si tratta solo di extra-comunitari ma anche di molti Europei dell’Est. Chiaramente quando manca la memoria storica l’intolleranza cresce. È vero che le città italiane sono un caos totale. La spazzatura inonda i marciapiedi dove spesso vengono illegalmente parcheggiate le auto che costringono i pedoni a percorsi inauditi. Tutto questo è normale come il lavoro nero, il lavoro senza norme di sicurezza, gli affitti in nero, l’abusivismo edilizio, l’evasione fiscale, i concorsi pubblici truccati, ecc.

Fixing broken windows non può curare l’Italia. Nessun politico italiano sembra ricordare che il successo in America della teoria in questione è dipeso dalle migliori condizioni economiche dell’era Clinton e non dalla repressione o dall’uso massiccio di poliziotti di quartiere. L’emergenza Italiana non dovrebbe essere quella dei lavavetri, dei venditori di fiori, dei graffitari o dei Rom. Dovrebbe essere quella dell’illegalità diffusa che inizia ai vertici della società italiana. In un paese normale iniziative contro i miserabili che occupano spazi pubblici come i lavavetri, i mendicanti, i venditori di fiori e frutta e coloro che vendono qualcosa agli individui ‘per bene’ come prostitute e spacciatori sarebbero legittime. Ma l’Italia non è un paese normale e tantomeno serio.

Ci sono, in competizione tra loro, due modi di fare polizia: polizia intensiva (a tolleranza zero) e polizia comunitaria (community policing). Fino ad oggi, in modo condiviso l’Italia ha scelto la polizia di prossimità che ha il suo primo esempio nella città di San Diego. In tre anni, in quella città della California, gli effettivi di polizia sono aumentati solo del 6 per cento mentre il numero degli arresti è diminuito del 15 per cento. Al contrario, nello stesso periodo New York City sceglie il metodo della polizia intensiva che fece aumentare gli arresti del 24 per cento; i poliziotti di 12 mila unità; il budget della polizia del 40 per cento (circa 2 miliardi di dollari, una cifra quattro volte superiore ai fondi concessi agli ospedali pubblici) provocando un taglio di un terzo dei finanziamenti ai servizi sociali della città e il licenziamento di 8.000 addetti. È chiaro che la polizia intensiva non colpisce i singoli delinquenti ma determinati gruppi sociali. Per di più, alla lunga non è efficace. Comunque sia l’Italia non ha semplicemente i fondi necessari per implementare tale metodo.

Intanto le polemiche non si placano. “Dopo la decisione del Procuratore capo di Firenze, Ubaldo Nannucci, che ha bocciato il Comune di Firenze presentando richiesta di archiviazione delle denunce contro i lavavetri, ora qualcuno dovrà risarcire i lavavetri coinvolti in un ingiusto processo e che hanno subito, tra l’altro, infamanti accuse”. A parlare è l’associazione per la difesa dei consumatori dei Codacons toscani. “Considerato che il Tribunale dei diritti dell’uomo riconosce fino a tremila euro di risarcimento per una ingiusta incriminazione, l’amministrazione comunale potrebbe essere chiamata a pagare complessivamente fino a 150.000 euro. Se fosse stato un sindaco e non un lavavetri ad essere ingiustamente accusato di un reato, cosa sarebbe successo?” Si domanda l’associazione. “E chi ha incriminato questi soggetti, ha commesso calunnia? La verità è che in Italia non si riesce a fare una seria prevenzione degli abusi, ad esempio mettendo i vigili ai semafori – conclude il Codacons – e si cercano scorciatoie improbabili come mandare in galera un onesto lavavetri. Farebbero meglio i sindaci a perseguire ricatti, estorsioni e abusi incrementando fortemente i controlli, senza inutili generalizzazioni che ai cittadini non portano alcun beneficio”.

Anche il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro spiega che “prendersela con i lavavetri, ultima ruota del carro, è un modo per coprire la malattia non per curarla”.

Purtroppo la materia in questione non dovrebbe essere presa alla leggera. La preoccupazione che si possa confondere la necessità di legalità e sicurezza con misure restrittive che colpiscano solo i più disagiati è condivisibile. Forse sarebbe più produttivo concentrarsi sulle cause del crimine piuttosto che sul suo effetto.

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